9.25.2013

L'EMPATIA

Buon pomeriggio a tutti, oggi mi sono resa conto che è passato quasi un mese dall'ultimo post, certo è vero che non sono una di quelle "blogger"che scrive tutti i giorni ma questa volta è passato davvero troppo tempo e non me ne ero nemmeno accorta.
È vero anche, che in questo periodo non è proprio una passeggiata tra l'ospedale, che a volte ha una a carico emotivo molto più pesante di altri giorni e la  mia situazione personale hanno portato le lancette a scorrere velocemente.
Tornando all'argomento del post, che non si discosta poi molto da quello di cui vi stavo parlando su, qualcuno di voi sa cos'è esattamente l'Empatia? Mi è capitato di spiegarlo agli studenti del corso di laurea in cui insegno (gratis è.. Non fatevi strane idee) e mi sono resa conto di quanto siano errate le conoscenze riguardo questa semplice parola. 
Dunque La parola Empatia deriva dal greco "εμπαθεία" (empatéia, a sua volta composta da en-, "dentro", e pathos "sofferenza o sentimento"), che veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l'autore-cantore al suo pubblico. 
In psicologia viene usata per dire che bisogna mettersi nei panni dell'altro senza farsene sopraffare, solo così possiamo davvero aiutare l'altro a superare lo stato di sconforto che sta vivendo. 
Cioè, solo mantenendo una posizione più a contatto con la realtà noi possiamo aiutare l'altro a ritrovare la strada che ha momentaneamente perso, ma solo vestendo i suoi panni possiamo capire qual'è la reale esperienza che questa persona sta vivendo. 
Perché mi è venuto in mente di parlare di questo argomento? Me l'ha fatto venire in mente oggi una paziente, che dopo un pianto liberatorio ha detto alla mia collega e a me, che i medici, e in particolar modo i chirurghi, sono persone prive di sentimenti non si mettono mai nei panni dei loro pazienti e che il nostro lavoro come psicologi viene vaneggiato dal loro atteggiamento.
Ci ha detto che i danni che loro creano sono molto profondi e le uniche persone che riescono a colmare questa profondità siamo noi con la nostra empatia.
Ed ecco perché mi è sembrato piacevole condividere questo momento con voi!
Badate bene l'empatia è qualcosa che abbiamo tutti non solo gli psicologi o gli addetti al mestiere, l'empatia fa parte di noi della nostra natura umana e in alcune persone come per esempio i gemelli omozigoti è molto più forte che in altri, ma di questo ve ne parlerò in un altro post. 
Adesso vi saluto e corro a fare la spesa!
Un bacio a presto

9.02.2013

HOLIDAY BLUES O PIÙ COMUNEMENTE DEPRESSIONE POST VACANZA

Bentornati amici,
e quale poteva essere l'argomento di rientro dalle vacanze se non  "la depressione post vacanze" o come amano chiamarla gli Americani Holiday Blues? 
Questo è l'argomento preferito da tutti i meedia, accendete la tv leggete il giornale e troverete, nelle pagine finali post politica e catastrofi mondiali, un articolo dedicato all'argomento con tutti i consigli utili su come evitare o smorzare gli effetti di una  "depressione post vacanze".
Le solite cose, tornate qualche giorno prima dalle vacanze così non dovrete catapultarvi giù da letto alle 6 del mattino, mangiate sano ecc. ecc... 
Dovete sapere che per gli Psichiatri questa "sindrome"non esiste; fatto sta che moltissimi di noi ne soffrono e i sintomi che ci accomunano sono nervosismo, ansia, malumore e tristezza.
La verità è che quello che ci fa sentire tristi al rientro dalle vacanze è senza dubbio sentirci di nuovo prigionieri della città, del posto di lavoro, di sentirsi nuovamente burattini e non più liberi, insomma in vacanza non avevamo obblighi e respiravamo aria pulita guardavamo il sole per strada e non attraverso una finestra e sopratutto frequentavamo gente che volevamo frequentare.
 Siamo noi stessi, liberi di sorridere,di sbagliare,di giocare, non ci dobbiamo preoccupare di essere sempre apposto e sopratutto di essere sempre sotto il giudizio di qualcuno.
Questa "sindrome"colpisce anche quelli che amano il proprio lavoro, attenzione, non colpisce solo chi detesta fare quello che fa e chi si sente completamente inutile nel proprio ufficio, certo le prospettive saranno differenti ma la reazione è identica.
E voi che mi dite ne avete mai sofferto? 

7.19.2013

BUONE VACANZE


Cari amici buone vacanze a tutti e ci vediamo a settembre!

Per qualsiasi cosa potete scrivermi via mail

Baci
Psyco Emily

7.03.2013

L'IMPICCIONE

E chi sarà mai costui che vuole impicciarsi dei fatti miei! Ma che ne sa lui  di come sono fatto io? Si siede davanti a te e pretende che tu gli racconti tutto di te e poi non ti sa rispondere quando gli chiedi cosa fare! Perché andare a buttare un sacco di soldi per uno che non sa risponderti e che neanche può' aiutarti ma che vuole solo impicciarsi dei fatti tuoi? E magari spettegola pure del tuo soffrire con gli altri! Questo cari amici è un po' l'opinione comune che le persone hanno degli psicologi.
Beh dovete sapere che non è proprio così, perché :
Primo lo Psicologo non vuole sapere i fatti vostri a meno che non siate voi a raccontarglieli.
Secondo lo Psicologo non ha le risposte pronte a salvarvi perché non è questo il suo compito.
Terzo non può spettegolate perché è vincolato dal segreto professionale, che lo induce al silenzio assoluto.
Quarto lo psicologo segue un tariffario definito dall'ordine degli psicologi.

Il suo compito è quello di accompagnarvi, se lo vorrete, attraverso quei sentimenti, quei pensieri che non avete affrontato alla luce del sole perchè considerati troppo forti per voi da poter dominare e che avete accantonato in qualche parte della vostra mente, e che in qualche modo, sono venuti fuori e vi condizionano la vita, in maniera negativa. In qualche modo la vostra mente non riesce più a gestirli a tenerli a freno e questa lotta tra il dentro e il fuori conduce inevitabilmente ad un malessere che vi blocca la vita.
Dovreste considerate lo Psicologo come una grande stanza bianca in cui poter inserire tutto quello che più vi spaventa che più vi ha fatto male, una volta fatto ciò, guardate quello che avete depositato e cercate di capire cosa di tutto questo vi ha fatto arrivare al punto in cui siete arrivati.
Sappiate che a questo punto non siete più soli ma avrete qualcuno lì pronto a sorreggervi e a restituirvi  in maniera corretta ciò che state mettendo fuori.
Non è lì a giudicarvi o a darvi risposte che solo voi nel vostro profondo conoscete, ma per rassicurarvi e sostenervi.


“Così come nessuno può  essere costretto a credere
nessuno può essere costretto  a non credere.” 
SIGMUND FREUD
Al prossimo post
Baci

6.18.2013

E VEDIAMO COS'È!

Nel precedente post vi chiedevo se conoscevate la differenza fra Psicologia,Psicoterapia, e Psichiatria.
Senza farla troppo complicata e noiosa vi dico che il principio base di tutte e tre è quella di farsi carico del paziente ed insieme percorrere un sentiero più o meno insidioso per raggiungere il più possibile la via della guarigione.
Detto questo passiamo alle figure.

Lo Psicologo in quanto tale è colui che si occupa sopratutto dei problemi immediati che hanno portato una persona ad un certo momento della vita a chiedere aiuto perché un evento ha cambiato il suo modo di pensare e questo l'ha portata a sentirsi a disagio e insicuro ad affrontare le cose che prima affrontava normalmente. Di solito il problema in questione si risolve in poche seduta e la persona ritorna alle sue attività precedenti.

Lo Psicoterapeuta è tale solo dopo la laurea in Psicologia o Medicina e dopo la specializzazione in una delle tante scuole di specializzazione,con diversi indirizzi, egli come lo psicologo prende in terapia chi chiede aiuto dopo che un evento della vita ha fatto sì che qualcosa in lui cambiasse in modo drastico, la terapia dura per lo meno due anni ma anche molto di più se il problema è più serio, e molto dipende dalla volontà del paziente ad affrontare problemi a ritroso e a supportarli insieme al terapeuta.

Lo Psichiatra è solo di origine medica,è maggiormente orientato a considerare il disturbo mentale come derivante da un malfunzionamento e/o uno sbilanciamento a livello biochimico del sistema nervoso centrale. Per questo motivo la principale modalità di cura proposta dallo psichiatra è quella farmacologica. Lo Psichiatra può specializzarsi anche in psicoterapia e di conseguenza esercitare anche in questo senso con dei colloqui di natura terapeutica e farsi supportare anche dall'uso dei farmaci la dove si ritenga necessario allo svolgimento dell'attività terapeutica e la dove il paziente fosse d'accordo.

Spero con questa brevissima spiegazione di esservi stata di aiuto a capire che rivolgersi allo psicologo non significa necessariamente essere pazzi! Anzi direi tutto il contrario a volte un opinione esterna può essere davvero un'ancora di salvezza!

Un bacio a tutti al prossimo post

6.11.2013

MA CHE SARÀ MAI?



Oggi non vorrei parlare di un argomento specifico, piuttosto vorrei chiedervi se conoscete la differenza fra:
PSICOLOGO
PSICOTERAPEUTA
PSICHIATRA
E la differenza fra sostegno psicologico e psicoterapia.
Aspetto le vostre risposte così poi possiamo parlarne insieme fare chiarezza su queste figure e ciò che fanno.
Buon pomeriggio a tutti 






6.03.2013

LA VENDETTA



Sapete un po'di tempo fa mi sono ritrovata a pensare a questo argomento e mi sono chiesta quanto ci aiuta veramente la vendetta?
Perché vedete una cosa è pensare di vendicarsi e una cosa è vendicarsi sul serio.
Insomma un sentimento di vendetta nasce da un altro sentimento che può essere quello di amore,di stima o fiducia, una persona ha tradito una parte di noi e adesso noi cerchiamo di porvi rimedio architettando una vendetta con i fiocchi.
Ma poi quanti di noi la mettono veramente in atto?
Io,per esempio,quando ci penso lì per lì mi fa stare bene, specie se capita nell'attimo subito dopo il torto subito, ma poi dopo qualche giorno mi rimane dentro un sentimento di estraneità che non mi appartiene come un senso di vuoto.
Si dice che il primo gesto di rabbia agita dia un senso di nausea,che la volta dopo dia più coraggio e la volta dopo ancora dia il nulla, il vuoto emozionale e che poi si tenda per sempre a cambiare carattere e a fare di questo sentimento di vuoto una parte importante di se stessi.
Ma perchè dovremmo? Che cosa ne ricaveremmo se non il benessere immediato e poi di nuovo il vuoto e una situazione imbarazzante?
Non è forse meglio fermarsi prima di agire e magari sfogare la propria rabbia parlando  con una persona amica e poi magari chiederle un parere obbiettivo pensato con la testa e non con il cuore prima di compiere un gesto che non ci appartiene?
Voi che ne pensate?

Gandhi diceva: Occhio per Occhio e il mondo diventa cieco

Alla prossima




5.24.2013

GENITORI E FIGLI

Un po'di tempo fa ho letto un articolo sull'infanticidio, una psicologa spiegava come avesse avuto delle serie difficoltà a fare una perizia giuridica richiesta da un tribunale riguardo la capacità o meno di intendere e volere di una donna che aveva commesso un infanticidio.
Le difficoltà della psicologa nascevano dal fatto che desiderava andare oltre l'atto in sé, oltre il vero,fisico infanticidio, oltre lo scabroso atto che obnubilava il vero pensiero, che si faceva trasportare dal disgusto comune di un atto crudele come questo, in cui ci si chiede come può una mamma, dopo aver portato in grembo e fatto crescere il suo bambino poi ucciderlo!
Così questa dottoressa si è presa tempo per riflettere ed ha esaminato tutti i casi dei suoi pazienti, in cui alla base del loro malessere,di quasi tutti,vi era un cattivo rapporto con uno o entrambi i genitori, così passando in rassegna questi racconti e soffermandosi anche sulle storie che le venivano raccontate da parenti amici è giunta ad una conclusione che, esiste più di una forma di infanticidio, che non consiste solo nell'atto in sè per sè, un infanticidio avviene tutte le volte che un genitore non lascia vivere al proprio figlio la sua vera vita, ma la vita che il genitore ha programmato per lui, tutte le volte che pretende che il proprio figlio realizzi le sue aspirazioni mancate. Si commette un infanticidio tutte le volte che un genitore usa il proprio figlio come sfogo per la sua anima devastata, per la sua infelicità, tutte le volte che cerca da lui conforto, invece di donarlo, che cera da lui risposte invece di domande.
Il rapporto tra genitori e figli è difficile nessun genitore è preparato a fare il genitore,non c'è un manuale che ci dice come si deve fare, ma ciò che ogni genitore deve fare è FARE IL GENITORE e far fare al figlio il FIGLIO,non si devono ribaltare i ruoli,un figlio avrà sempre bisogno dei propri genitori, sono loro il porto sicuro e un genitore dovrebbe essere lì ad accoglierli anche se non ha tutte le risposte da offrire.
Non dimenticare mai che l’amore che provo per te è come il vento: non potrai mai vederlo, ma potrai sempre sentirlo…Ovunque sarai.
Sergio Bambarén, da Lettera a mio figlio sulla felicità
Ritornerò su questo argomento, perchè è lungo e complesso così possiamo riflettere ancora.
Buon weekend a tutti



5.14.2013

UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA

Forse dovrei dire più di uno, considerando la cronaca di questo mese, e tralasciando volutamente il "femminicidio" che appartiene ad un contesto diverso, rispetto al tema che vorrei prendere in considerazione oggi con voi.
Partendo dalla sparatoria di Montecitorio e passando poi all'ultima strage commessa dall'ivoriano domenica mattina, l'unico fattore che a mio avviso accomuna i gesti"folli"di questi uomini è la  disperazione.
In tv eserciti di esperti parlano di depressione,di momentaneo   black out, gli avvocati parlano di perizie psichiatriche, ovviamente per favorire i lori assisti, ma a mio modestissimo parere non si tratta di pazzia o follia, si tratta di disperazione per la perdita di dignità.
Ci è stato insegnato che un uomo per essere dignitoso deve lavorare, provvedere al sostentamento di se stesso e della propria famiglia, se ce l'ha, quando questa illusione viene a mancare ecco che la speranza svanisce e cosa rimane se non la disperazione? E il disprezzo verso se stessi? È vero che per arrivare a tali gesti le persone devono essere molto fragili emotivamente e psicologicamente, alle loro spalle c'è sempre una storia di "degrado" affettivo, però è pur vero che se lo stato continua a sbeffeggiarsi del popolo affamato non è difficile che ciò possa accadere.
Solo l'infelicità è degli uomini, la disperazione è di Dio, diceva Gesualdo Bufalino, ciò a dire che è talmente grande la disperazione che un semplice uomo non può sopportarla senza per l'appunto esplodere. 
E voi che idea vi siete fatti?
Un saluto.

5.08.2013

DI MAMME, PONTI E VESTITI

Buongiorno a tutti, e perdonate la lunghissima assenza! Sono state tre settimane piuttosto impegnative....
È arrivata la mamma che mancava da più di 4 mesi perciò ci siamo date alla pazza gioia! Siamo uscite abbiamo cucinato, e sopratutto abbiamo CUCITO! O meglio lei ha cucito io ho solo contribuito a dare i punti lenti e ad imbastire il tutto! Non vi dico che divertimento io adoro la creatività, e poi volete mettere ho 10 vestitini nuovi! Il che in un periodo di crisi come questo direi che è tutto risparmio! Sì perchè dovete sapere che le stoffe ci sono state regalate dalla vicina, che lavora in una sartoria, che sta subendo un calo pazzesco di ordinazioni, per cui per non sprecare le stoffe  ce le ha gentilmente donate!
Vi auguro buonagiornata e a presto con nuove riflessioni!

4.12.2013

MIGRANTI



In questi giorni di grandi confusioni, di grandi incertezze, la prima cosa che ci viene in mente è quella di emigrare, lasciare il nostro paese e trovarne uno che soddisfi le nostre esigenze. Questo perchè fa parte della natura umana, fin dai tempi dei primitivi il cambiare luogo, quando quello dove si stava non offriva più sostentamento, era una pratica comune. Poi ci sono state le grandi emigrazioni italiane del dopo guerra, dove per far sopravvivere le famiglie, gli uomini radunavano le poche cose che avevano e partivano.
Raccontata così sembra semplice, raduni le poche cose che hai e parti, alla ricerca di una vita migliore, la prospettiva è allettante, peggio di così,pensiamo non può essere. 
Ed invece così semplice non è! Almeno non per molti,e soprattutto da adulti.
Le dinamiche che ci spingono fuori sono allettanti, ma dentro sentiamo come un vuoto cosmico come un'ombra che non permette a questa prospettiva allettante di brillare come deve. E cos'è quest'ombra?sicuramente l'incertezza di non riuscire a trovare un lavoro immediatamente, questo se si parte all'avventura con lo scopo di cercare lavoro una volta arrivati sul posto! L'atteggiamento negativo riguardo il lavoro è un aspetto tutto nostro, visto che il nostro stato ci ha inculcato insicurezza in tale settore, un altro aspetto è senza dubbio l'etá, in italia ti inculcano l'idea che dopo i trenta sei vecchio e non più spendibile nel campo del lavoro! In Italia è quasi proibito reinventarsi, per cui anche se sai che altrove puntano sulla persona e sul suo saper fare dubiti che sia davvero così! L'incomprensione linguista,per quanto si sia preparati, non si conoscono mai tutte le sfumature, e la paura e la stanchezza non aiutano a ritovare le giuste parole.
La paura più grande è abbandonare gli affetti e ritrovarsi soli a dover ricostruire tutto da capo, la paura più grande è ritrovare quella persona che sai ti aiuterà in qualsiasi situazione o circostanza ti trovi! In una sola parola sei completamente depersonalizzato dovrai reinventare te stesso, adattandolo al nuovo mondo che se da una parte è meraviglioso dall'altra fa paura! Poichè il fallimento è sempre dietro l'angolo. Probabilmente il nostro svantaggio,rispetto agli anni passati, è la conoscenza e la globalizzazione, che se da un lato ci ha fatto conoscere lo stile di vita degli altri abitanti di questo paese dall'altro ci ha fatto anche scoprire il fallimento a cui potremmo andare in contro se non riuscissimo ad adattarci a quel determinato stile di vita, perchè è vero che se scegliamo di andare a vivere in quel luogo, leggiamo, facciamo ricerche ci proiettiamo lì e pensiamo "sì lo posso fare", ma poi quando siamo lì la nostra personalità,il nostro stile di vita ha delle difficoltà a farlo.

 I nostri nonni,bisnonni, emigrati in Canda,in America sono partiti senza nessuna consapevolezza, l'unica certezza che avevano era che lì avrebbero trovato lavoro e si sarebbero potuti riscattare, ed è vero il loro successo è davanti ai nostri occhi.
 Ma ogni viaggio ha un suo sentimento c'è il dolore e la gioia della  separazione; 
l’ora della partenza se da un lato ci coglie colmo di speranza, protesi verso ciò che sarà, verso un mondo  tanto sognato e immaginato, da averlo plasmato con i nostri desideri, dall’altro ci provoca   un senso di tristezza poichè abbandoniamo i nostri familiari, i nostri affetti,le nostre radici.
 Questa contraddizione sentimentale dell'emigrato è ben descritta nel romanzo Emigranti, di Francesco Perri (1941), romanzo in cui si narra l’“epopea” dell’emigrazione italiana in America. 
Uno dei personaggi  esprime così la sua melanconia:

     “È vero – fece Sperli, con un volto diventato subito melanconico – cosa volete che vi dica? Io quando sono qui vorrei essere in America, e quando ero in America tutte le notti sognavo la mia casa. Questa terra bruciata ci perseguita e non ci lascia dormire fino in capo al mondo. 

     Cosa avevo lasciato qui io? Miseria! Eppure queste brutte strade sporche, queste case, questi orti li avevo sempre davanti agli occhi. 
     Mangiavo maccheroni e bevevo birra, e intanto pensavo alla bottega di Porzia Papandrea. 
     Mi pareva che senza di me l’odore dello stoccafisso andasse perduto”. (in Emigranti di Perri, F., 1941).
Al prossimo post e buon weekend

4.09.2013

MANGIA,PREGA,AMA.


come capirete dal titolo, l'dea di questo post nasce da un'attenta riflessione che ho fatto dopo aver visto il film: Mangia,Prega,Ama.
Vedete, io penso che nella vita ci sono dei momenti adatti per vedere un film o leggere un libro, che non sempre coincidono con quello degli altri. Perciò quando è uscito questo film io ne ero incuriosita ma non più di tanto per cui l'ho lasciato perdere, e mi convincevo sempre più di aver fatto bene poiché da molte persone di mia conoscenza era stato criticato in maniera pesantissima.

Poi qualche settimana fa, passa la pubblicità in tv che avrebbero dato  Mangia, Prega, Ama e dai pochi spezzoni che avevo visto mi è scattato qualcosa dentro un ricordo che mi sembrava di aver dimenticato ma che invece era lì lucido nella mia mente e così domenica pomeriggio decido di guardarlo. 
Sono state le 2.ore e 19 più belle di questi ultimi tempi! Il film è un viaggio introspettivo, in cui la protagonista, ma anche chi lo guarda con giusti occhi e giusto stato d'animo,riesce a ritornare a conoscere veramente se stessa riesce a riappropriarsi della propria identità  attraverso il rapporto con gli alti e attraverso il confronto con le diversità culture che incontra durante il viaggio.
Già dall'inizio del film ci troviamo a riflettere su molte cose ci poniamo già mille domande, ma la frase, tra le tante che mi ha colpito di più è stata quella del marito dell'amica della protagonista  quando alla fine di una cena insieme  con semplicità le dice :"adesso che stai con lui, assomigli tanto a lui prima assomigliavi tanto a tuo marito" una frase agghiacciante, se ci pensate, le dice tu non sai chi sei ma diventi ciò che piace agli altri e di lì lei decide di riprendere in mano la vita e di partire alla scoperta di se stessa e delle sue vere passioni, decide che non c'è più tempo per avere paura e così rinchiudersi in una nuova relazione sbagliata, decide che è arrivato il momento per lei di mettersi a nudo con se stessa e di accettarsi così com'è pregi e difetti! Impara a conoscere altri stili di vita, impara la condivisione e il dolce far niente dai Romani, la meditazione e il sapersi perdonare in India, e da Tikut lo sciamano Balinese impara a mettere insieme questi  elementi e a ritrovare gli equilibri persi per rincorrere ideali e stereotipi in cui non si riconosceva più , Tikut le dice l'equilibrio è né troppo Io né troppo Dio! L'egoismo e l'ascetismo!
Insomma a me è servito per guardarmi dentro e a voi?
Al prossimo post!

4.03.2013

PETER PAN

Dovete sapere che la sindrome di Peter Pan non si trova classificata nel manuale diagnostico,perciò non è considerata come malattia mentale ma piuttosto essa viene considerata come una immaturità psicoaffettiva, il nome della sindrome si deve ad uno psicologo Junghiano di nome Hilman che parlava  di Puerum Aeternus.

Nella concezione generale un Peter Pan è colui che non vuole crescere, che è rimasto fermo alla propria infanzia ed adolescenza dove tutto è bello, tutto è possibile, e c'è il rifiuto di calarsi nel mondo, con le limitazioni che questo comporta.
 La persona affetta da questa sindrome è in genere intelligente, brillante, affascinante, a volte anche ben inserita nel lavoro, ma totalmente incapace di amare e di coltivare relazioni profonde ed autentiche. Il Peter Pan sa socializzare molto bene, ma non sa costruire relazioni con gli altri, perché cerca sempre di primeggiare o di stare al centro dell'attenzione. E' in grado di vivere travolgenti passioni anche di natura sessuali,  ma diventa distante e fugge dalle relazioni serie, che implicano di fatto l'assumersi responsabilità che il Peter Pan non può e non vuole assumerai.
L'immaturità psicoaffettiva è destinata ad aggravarsi con il passare degli anni, perchè la crescita costituisce il disadattamento più grave per il Peter Pan.  Alla base della sindrome vi è un profondo rifiuto di crescere. Il Peter Pan, proprio come un bambino, guarda solo il lato giocoso della vita, sfuggendo a quello delle responsabilità e delle decisioni importanti che l'età adulta gli imporrebbe di fare. Ma quando questi eventi  gli si presentano davanti il Peter Pan reagisce con rabbia, frustrazione o totale rifiuto dell'evento che lo porterà a sviluppare dei sintomi fisici o psichici, come cefalee, mal di stomaco, ansia, depressione, sbalzi di umore. 
 Il Peter Pan è vittima di uno schema errato: è come se tenesse in vita un ruolo che appartiene al passato. Si sente ancora un bambino o un adolescente, anche quando dovrebbe sentirsi adulto. E' come se la sua mente fosse rimasta "congelata" nel passato. E' chiaro che una persona con uno schema emotivo infantile non avrà alcuna capacità di adattamento ai normali cambiamenti richiesti dalle varie fasi della vita.  il Peter Pan si trova a suo agio solo nelle situazioni in cui può primeggiare o non deve assumersi alcuna responsabilità. 
Impegno e responsabilità, specie nei confronti degli altri, sono vocaboli che la mente dell'immaturo patologico non è in grado di comprendere ed attuare. Ciò che davvero manca al Peter Pan è la capacità di amare. Entrare nei rapporti significa esporsi al rischio di soffrire, e la fuga dal dolore è quanto di più caratteristico. Nel suo mondo, naturalmente, il dolore non esiste. Ma questo implica mantenere la distanza, da una parte di sé innanzitutto, e poi dall'altro. Il Peter Pan si protegge dalla vita, con tutte le pene che questa comporta, con una patina di giocosità, di superiorità e lucida razionalità. Nella lotta fra emozione e pensiero, quest'ultimo è il vincitore assoluto. Tuttavia, dare spazio all'emozione significa sperimentare la pienezza della vita. In questo senso, il Peter Pan non vive, poiché non è connesso al cuore. La sua vita è nella testa, nelle idee, nella fantasia, nei voli immaginativi, nel potere dell'intelletto. Il potere del sentimento è negato.
Il Peter Pan può crescere solo abbandonando la propria visione autocentrata e aprendo gli occhi sull'altro. L'evoluzione  passa necessariamente per la scoperta del dolore dentro di sé, che aprirà le porte all'amore.
Il Peter Pan deve intraprendere il viaggio che lo riporterà ad essere quello che è. Egli dovrà affrontare il crollo della propria illusione, calandosi nel mondo "reale", per poi scoprire che la sua illusione era, in fondo, l'unica vera Realtà. 
 Deve imparare ad amare, innanzitutto se stesso, non come fredda immagine idealizzata ma nella propria pienezza di essere umano, facendo i conti con i limiti, il dolore, la vecchiaia. Da qui, egli potrà vedere l'altro e amarlo, riconoscere se stesso nell'altro.

3.28.2013

CAOS

Questo post sarà diverso dagli altri perché oggi vorrei raccontarvi del mio latitare in rete.
Per chi non lo sapesse ancora la mia situazione lavorativa rappresenta benissimo quest'immagine che ho scelto, un caos generale appunto!
Sette anni fa mi ritrovai a lavorare per una grande azienda americana in cui mi proposero, dopo un anno di contratti a scadenza, un contratto a tempo indeterminato con dietro una "sola" pazzesca! Infatti fui la prima ad avere l'onore di firmare un contratto a staff leasing con un'agenzia interinale a tempo indeterminato! L'azienda americana mi rassicurò del fatto che era solo un espediente per potermi assumere dato che che nella SpA avevano un blocco assuntivo, ma loro mi volevano a tutti costi! E che quel contratto non sarebbe mai e dico mai andato a decadere! Con mio sommo stupore e dopo 6 anni di sfruttamenti vari in tutti i ruoli possibili e sempre con un sorriso a 32 denti mi è stato detto:  "cara sei troppo qualificata per noi perciò addio"!, ma noi non ti buttiamo mica in mezzo ad una strada dietro c'è l'agenzia! Sì bella roba! L'agenzia suo malgrado ha dovuto riprendermi e conoscermi visto che non mi aveva mai vista in 7 anni se non il giorno che ho firmato il contratto! È così eccomi dentro il caos più oscuro, a correre dietro  l'incompetenza galoppante di alcune zelanti operatori che mi proponevano colloqui in cui si richiedeva una madrelingua inglese che chiaramente io non sono, dietro a call center in ci mi dicevano mi scusi ma lei è troppo qualificata! e spesso anche a far da paciere e da interprete fra le varie parti in gioco! Tutto questo per una modica cifra di poco più di 500€ di indennità di servizio! Alla fine martedì mi arriva una lettera di licenziamento da parte dell'agenzia che mi dice che non essendo stati in grado di procurarmi un lavoro in questi 8 mesi chiameranno un tavolo sindacale per discutere della mia situazione' se è il caso di farmi fare corsi d'aggiornamento fasulli o mandarmi direttamente a casa!
Benvenuti nel caos!
Comunque buona pasqua a tutti e al prossimo post normale!
Xoxo

3.20.2013

SEGRETI


Quante volte ci è capitato di essere complici o vittime di situazioni in cui ci si chiede di mantenere un segreto. Quando questo segreto include qualcosa di bello come non so un party a sorpresa allora tutto bene ma quando questo implica invece un vero e proprio fardello, come per esempio scoprire un tradimento allora che fare?
Dire la verità o  mantenere il segreto sperando che sia l’altro a farsi avanti?
Non molto tempo fa uno psicologo americano Daniel Wegne, professore della Harvard University, ha pubblicato sulla rivista “Science” una sua ricerca in cui afferma che durante le situazioni stressanti il nostro cervello non riesce a mantenere un segreto, perché i nostri meccanismi di difesa cedono alla pressione e, anche se l’inconscio sa di fare la cosa giusta non rivelando la verità il nostro inconscio invece cerca rogne, per usare le parole di Wegne, in questo modo può scaricare la tensione che lo sta opprimendo
Pensate che ad ispirare la ricerca del professor Wegne è stata una storia tratta dal libro “i fratelli Karamazov” di Dostoevskij , nel romanzo uno dei protagonisti viene invitato a non pensare ad un orso bianco producendo proprio l’esatto contrario, il cervello non può più fare altro!
Per cui mantenere un segreto sarebbe una cosa difficilissima da fare anche solo a livello inconscio ma quando poi ci si mette anche la nostra coscienza a far pressioni allora non riusciamo proprio a vedere l’altro continuare nella sua cecità specie se quest’altro è la persona a cui teniamo di più, e di certo non vogliamo essere complici di qualcosa che la sta umiliando.
La verità è un’arma a doppio taglio, sta noi capire quando ci sono segreti che vanno rivelati e quando no.
Non c’è vergogna nel non sapere, la vergogna risiede nel non scoprire (proverbio Russo)

3.15.2013

VANITÀ O NARCISISMO?

Ebbene per quanto si possa pensare che siano la faccia di una stessa medaglia in realtà non lo sono affatto! 
Perchè la vanitá se intesa come il giusto amore rivolto verso se stessi, per esempio prendersi cura della propria persona o semplicemete sentirsi bene indossando alcuni vestiti, non ha nulla di patologico o insano! 
Il narcisismo invece è l'eccesivo amore per se stessi a discapito di chiunque!
Tutti conosciamo la famosa storia di Narciso, giovane innamorato dell'immagine di sé riflessa nell'acqua del fiume, da non potersene più allontanare:
"Contempla gli occhi che sembrano stelle, contempla le chiome degne di Bacco e di Apollo, e le guance levigate, le labbra scarlatte, il collo d'avorio, il candore del volto soffuso di rossore ... Oh quanti inutili baci diede alla fonte ingannatrice! ... Ignorava cosa fosse quel che vedeva, ma ardeva per quell'immagine ... e muore d'amore!
Questi individui che tanto contempla la società moderna,sono altamente pericolosi per se stessi ma sopratutto nella relazione con gli altri, poichè in una relazione usano l'altro solo come specchio e metro di giudizio per emergere e  illuminare se stessi, e l'unico lusso che è concesso a chi gli sta vicino e quello di amarli incondizionatamente.
In una relazione non hanno progetti, se non quello di sentirsi speciali.
Ci sono due tipi di narcisisti: uno esibizionistico,più facile da individuare perché coltiva in maniera plateale la propria onnipotenza e desidera l'invidia degli altri, e uno nascosto, ipervigile, che usa indebbolire e screditare l'altro per far emergere la propria figura.
Ma come facciamo a riconoscerli?
L' osservazione è un ottima arma per scoprire se  le persone che ci circondano sono solo vanitosi o sono dei veri e propri narcisi!
Certi atteggiamenti, come il disprezzo per gli altri, il perfezionismo ossessivo, l'ansia di controllo, la mancanza di scrupoli sono tipici. Come pure chiedere continue prove di fedeltà mai contraccambiate. Deve essere chiaro che il narcisista non è felice: vive di emozioni riflesse, non riesce a innamorarsi, a uscire da un atteggiamento "consumistico". Al primo no, può cadere in depressione, avere esplosioni di rabbia.

Lo psicologo americano Les Carter  ha elaborato una serie di regole per uscire sani e salvi dal contatto con un narcisista. Le regole sono:
 1. Non sperate di cambiarli. Sono convinti di avere ragione, perciò non fanno autocritica. Devono avere l'ultima parola. Lasciategliela. 2. Sul lavoro, niente aspettative. Non pensate di essere compresi per ciò che fate, per il tempo che dedicate, per la fatica: non immaginate di trovare solidarietà. Semplicemente il narcisista non li vede. Siete voi che dovete essere assertivi. Esempio: state risolvendo un problema urgente e non avete ancora pranzato. Pensate: si renderà conto che devo ancora mangiare? No. Siete voi a doverlo dire e presidiare il vostro spazio, difendere i vostri diritti. 3. Non badate alle loro giustificazioni. La colpa è sempre degli altri. Criticarli può avere un effetto boomerang. Piuttosto, seguite i vostri obiettivi lasciandogli la scena: sono interessati solo a quella. 4. Non fatevi manipolare. I narcisisti sfruttano la vostra capacità di empatia per ottenere il massimo. Smettete di sentirvi in debito. 5. Fate ricorso alla rabbia assertiva. I narcisisti suscitano inevitabilmente rabbia. È sbagliato lasciarsi sopraffare dalla collera, ma anche reprimerla e rimuginarci sopra. Difendete le vostre convinzioni e siate irremovibili nelle vostre scelte. 6. Non diventate come loro. L'egoismo genera egoismo. Se avete un narcisista tra i vostri amici, non smascheratelo. Ma fategli capire che potete anche smettere di frequentarlo. 7. Prendete il buono che c'è in loro. In un gruppo tendono a imporre la loro volontà, ma spesso sono anche divertenti. A volte hanno buone intuizioni, diventano capi d'azienda, uomini d'affari. L'importante è mantenere la propria capacità di giudizio. 
Scusate per il post lunghissimo ma spero vi sia d'aiuto 

Buon week end!

3.11.2013

NON SI PUO'



Ah il buonsenso…. Quanto è noioso il buonsenso!
Perché non possiamo dire tutta la verità a chiunque e quando vogliamo, perché non possiamo dire al nostro capo che sta esagerando, che magari è ora che scenda un po’ con i piedi per terra e che non è il detentore della realtà, che un pazzo furioso o un demente patentato, perché dobbiamo censurarci e vivere con questo senso di frustrazione che ci rende talmente furiosi da spaccare ogni cosa se ne avessimo l’occasione?
Nella vita bisogna rispondere soltanto a se se stessi, insomma ognuno per sè, facciamo pure tutto quello che vogliamo il resto si sistemerà da sé! Giusto?
Mark Twain diceva che per riuscire nella vita servono ignoranza e superbia
Ma sarà davvero così?
Non credo, ci sono sempre delle conseguenze ai nostri gesti, per citare Newton,  ad ogni azione corrisponde una reazione, ogni cosa ha una conseguenza , per questo esistono le regole e il buonsenso, certo la censura non deve essere a nostro svantaggio, ci sono alcune persone che non riescono davvero ad andare oltre al balbettio come se quello che avessero da dire potesse davvero distruggere il mondo, no questo no, dovremmo davvero capire cosa possiamo e cosa non possiamo fare, e quali sono i momenti giusti per farlo e, anche quando ci sono i giusti momenti, impariamo a calibrare la rabbia perché ogni azione ha una conseguenza e non è sempre quella che ci aspettiamo, quasi mai per la verità.
Perciò se vogliamo mandare a quel paese il nostro capo facciamolo nella mente e sorridiamogli, di più non possiamo proprio fare, purtroppo!
Neanche noi siamo detentori della verità assoluta…

3.05.2013

I RISCHI

Il modo di affrontare i rischi rivela moto di noi.
Ogni volta che dobbiamo prendere una decisione grande o piccola che sia, dobbiamo calcolare il rischio, alcuni giocano sul sicuro mentre altri si buttano a capofitto, ad alcuni viene più naturale ad altri un po’ meno.
Il fatto è, che quando siamo al sicuro lontano dall'orlo del precipizio viene da chiedersi se ad essere cauti non si  perda qualcosa.
Siamo abituati  a pensare che le persone che corrono i rischi  vengono premiate, insomma c’è anche un proverbio che dice chi non risica non rosica, ma non è forse vero che dobbiamo correre solo i rischi adatti a noi?
Mi spiego meglio, se noi siamo persone abituate a rispettare le regole, a rispettare gli altri e gli accordi presi con gli altri, non potremmo mai tradire questa parte di noi, se solo provassimo a farlo, perché magari qualcuno ci esorta a provarci dandoci del codardo, noi avvertiremmo quella strana sensazione allo stomaco che ci avvisa, che stiamo facendo qualcosa di sbagliato, stiamo tradendo noi stessi per compiacere gli altri per far vedere che noi non siamo vigliacchi, che anche noi ,come tutti sappiamo andare oltre le regole….. ma non è forse vero che qualora lo facessimo non ci sentiremmo comunque vittoriosi? Non è forse vero che ripensando a quello che abbiamo fatto o stiamo per fare  non riconosciamo più noi stessi ?
A volte il più grande rischio è proprio la capacità di rinunciare!
Impariamo ad ascoltare ciò che la nostra testa, il nostro corpo ci dice e saremo gli esseri più coraggiosi di tutti, senza bisogno di provarlo a nessuno.
Un proverbio americano dice: Non si può saltare un fosso di mezzo metro con due salti da 25 centimetri.

2.27.2013

L'AMICIZIA



L’amicizia è forse il sentimento più grande che un essere umano può provare, è il rapporto più importante della nostra vita, avere un’ amica/o del cuore è quello che ci rende speciali, sopratutto durante l’infanzia e l’adolescenza.
Cresciamo con lei/lui condividiamo le stesse cose gli stessi problemi, è con lei/lui che ci confidiamo, è come se fosse un’estensione di noi stessi una parte di noi.
Ma poi cresciamo e pensiamo che  quest’amicizia cresca con noi e che  il nostro/a migliore amico/a, rimarrà con noi per sempre.
Quante volte ci siamo detti la nostra amicizia non finirà mai, anche se adesso sei sposato, lontano, dall'altra parte del mondo o dell’Italia le cose fra noi non cambieranno.  
Ma davanti a continui rimandi o a telefonate non fatte il rapporto si deteriora fino a quasi scomparire e ci diciamo che in fondo non è colpa nostra se la nostra amica/o deve stare sempre con i figli, o se lei/lui è ancora così immatura/o da non comprenderci ecc.. ecc.., ce ne faremo una ragione abbiamo tanti altri amici…
In realtà non è così queste nuove amicizie se pur importanti non potranno sostituire l’amore per quella persona che è cresciuta con noi e che continua ad essere una parte di noi perciò fermiamoci e chiediamoci che cosa ci sta succedendo, la vita tenterà sempre di separarci crescere significa assumersi nuove responsabilità, ma noi dobbiamo fare in modo che questo non avvenga, ricordiamoci sempre chi eravamo e chi stiamo diventando, cresciamo insieme e cambiamo insieme, se ci teniamo veramente mettiamoci nei panni l’una/o dell’ altra/o e cerchiamo di capire che da entrambe le parti c’è uno sforzo per mantenere saldo un rapporto fatto di amore e rispetto, sarà un rapporto diverso scandito da tempi diversi, ma sarà sempre fatto da lealtà, rispetto e sincerità. Perché nonostante tutti i cambiamenti ci saranno cose che rimarranno sempre le stesse.
L’amicizia nasce nel momento in cui una persona dice ad un’altra come anche tu? Credevo di essere l’unica C.S.Lewis 

2.20.2013

LE IDEE CHE CI FACCIAMO DEGLI ALTRI


Prendendo spunto dai fatti accaduti recentemente come quello  di Oscar Pistorius e da fatti meno noti a cui mi è capito di assistere, mi sono chiesta ma quant'è forte l'idea che ci facciamo dell'altro rispetto a quello che l'altro è veramente!
Siamo rimasti tutti icreduli e sconvolti nell'apprendere che un ragazzo senza gambe un campione indiscusso di sport paraplegici abbia  potuto compiere un atto così brutale come l'omicidio premeditato o meno della sua ragazza! E perchè mai? Perchè questo ragazzo non poteva essere brutale?
Forse perchè si era impegnato così tanto nonostante la sua disabilitá che doveva essere grato per la sua vita perfetta e normale? 
Lui che ha ricevuto così poco dalla vita e che nonostante tutto è riuscito a diventare quello che voleva essere?
Beh il problema secondo me è proprio questo, chi è veramente questa persona? Se non una persona fragile che ha tentato in tutti i modi di essere perfetto, di sostituire la natura del suo vero essere con una persona che non esiste.
La stessa cosa accade quando costruiamo un aurea intorno a una persona che ci sta a cuore o che semplicemente ammiriamo per il lavoro che svolge, un aurea di perfezione assoluta che lo rende immune da qualsiasi sbaglio ma quando ciò avviene quella persona cessa di essere quella che noi avevamo adorato fino ad un attimo prima e diventa per noi uno sconosciuto.
Perchè? Infondo è pur sempre un uomo e può sbaglire. 

Crediamo davvero di essere perfetti? Crediamo davvero di essere immuni dagli sbagli? Tutti possiamo commettere degli errori nella vita ed è sbagliato pensare che noi in alcune situazioni non ci saremmo mai trovati o non avremmo mai messo qualcuno in una posizione di svantaggio, noi non siamo loro, noi siamo noi stessi e non possiamo sapere in quella determinata circostanza come ci saremmo comportati! Perciò lasciamo stare tutto questo e preoccupiamoci piuttosto di capire chi è davvero l'altro pregi e difetti!

2.18.2013

L'INVIDIA

L'invidia é uno di quei sentimenti che crediamo non ci appartenga, è così becero che tutti noi tendiamo a non riconoscerlo, spesso giustifichiamo le nostre "invidie" come "invidie buone" ma non esiste un'invidia buona, come può essere?
L'etimologia della parola stessa lo nega, Invidia deriva dal latino in - videre che significa guardare contro e non c'è nulla di buono in questo.
Quali possono essere le cause di questo sentimento, sicuramente ritenere che la propria autostima si fondi sui risultati ottenuti piuttosto che nascere da dentro di sé.
Come dicevamo,nel post precedente,noi dobbiamo essere quello che desideriamo essere e non quello che gli altri si aspettino che noi siamo.
Non ci sono regole valide per tutti ognuno di noi é un essere umano differente, per cui non possiamo etichettarci. Antony Rapp diceva che le etichette si mettono sui prodotti in scatola non sulle persone.
Ma se questo concetto non lo facciamo nostro, allora tutto ciò che noi crediamo di dover diventare,sará il nostro tarlo, che ci porterá ad essere invidiosi e gelosi delle persone che ci stanno intorno e che hanno realizzato ciò che noi volevamo realizzare o credevamo di voler realizzare.
Essere onesti con se stessi é davvero un lodevole esercizio diceva Sigmund Freud e, sempre Freud, sosteneva che spesso la gelosia non è solo rivolta verso la persona che si sta per perdere ma anche verso quella con cui si sente rivalità.
Perciò non vi è molta differenza fra invidia e gelosia, a scatenare "la grande emozione proibita del nostro tempo" è sempre la stesso sentimento: la poca fiducia in noi stessi e la poca autostima che ci siamo costruiti.
Non sempre siamo noi a provare invidia e gelosia, possiamo anche essere oggetto di invidie e gelosie allora come difendersene?
Un modo potrebbe essere quello di rendersi conto di essere sotto tiro e far sì che la persona che ci ha presi come bersaglio si guardi dentro, facciamogli notare come la cattiveria che ci sta scagliando contro in realtá la sta scagliando contro se stessa e nessun altro; facciamogli notare che così facendo sta solo sprecando il suo tempo, tempo necessario per scoprire ciò che davvero vuole diventare.



2.15.2013

LE RELAZIONI



Le relazioni amorose/affettive sono il perno del nostro vivere, non saremo niente senza di esse. È questo quello che ci hanno insegnato ed è questo che noi cerchiamo disperatamente per tutta la vita. Ci hanno insegnato che le brave ragazze e i bravi ragazzi pur inseguendo la carriera, devono dare ampio margine alla famiglia alle relazione, così da essere considerate persone vincenti.
Perciò che cosa facciamo? Passiamo la vita a rincorrere la nostra anima gemella, ad attorniarci d'amici senza pensare a quello che stiamo facendo veramente.
In realtà spesso ci tuffiamo in relazioni sbagliate che portiamo avanti nonostante tutto perchè è così che si diventa una persona vincente! Giusto?
Soffochiamo qualsiasi segnale qualsiasi voce interiore che ci mette in allarme pur di essere la persona vincente che le persone che ci circondano pensano che noi siamo.
Ma arriviamo ad un certo punto in cui tutto questo non ci basta più, ci soffoca, ci opprime e ci obbliga a guardare in faccia la realtà mettendo in discussione le nostre scelte.
Tutto questo ci spaventa perchè abbiamo paura di soffrire, abbiamo paura di non fare la cosa giusta, di ricadere nella solitudine e di sentirsi dire che si è sbagliato tutto, che si ha avuto troppa fretta nel prendere una determinata scelta.
Ma chi dice che sia così?
Certo la fine di ogni relazione comporta un dolore enorme un senso di vuoto una cambiamento di vita e di routine quotidiana, siamo soli davanti a tutto questo cambiamento e questa solitudine ci provoca un angoscia così grande che pensiamo di non poterlo affrontare. Così mettiamo in atto comportamenti di sfida con noi stessi pensando che,tuffarsi in un'altra storia possa aiutarci a scacciar via il dolore, quando questo non ci da più soddisfazione rimpiangiamo la nostra vecchia vita e cerchiamo di tornare sui nostri passi comportandoci a volte in maniera davvero bizzarra.
La cosa giusta da fare sarebbe mettersi in pausa prendendosi dello spazio per analizzare i motivi che ci hanno spinti a concludere una relazione importante, che sia essa d'amore o d'amicizia, una volta portati alla luce e chiariti con noi stessi i punti che ci hanno condotti a questa scelta, dobbiamo fermarci ed aspettare che il dolore faccia il suo corso, che si prenda tutto il tempo necessario perchè possiamo elaborarlo e mandarlo via.
Ah! il tempo guarisce tutte le ferite! Mai detto fu più veritiero questo però solo se affrontiamo davvero la nostra paura più grande è cioè IL DOLORE.

2.13.2013

IL RAPPORTO CON GLI ALTRI



Quanto è importante il rapporto con gli altri?
Quante cose facciamo per piacere agli altri, perchè lo facciamo?
Crediamo davvero che se non facessimo quello che gli altri si aspettano da noi potremmo scatenare la terza guerra mondiale?
Insomma non fraintendetemi un comportamento adeguato, la giusta dose di educazione, va sempre mantenuta, ma quanto andiamo veramente oltre tutto questo e perchè?
Pensiamo davvero di ferire chi ci circonda se dicessimo più no? Pensiamo davvero che queste persone non siano in grado di sopportare un rifiuto? Perché dovremmo sempre proteggerli dalla delusione?
Non è esattamente questo quello che facciamo a discapito di noi stessi?
Non vogliamo mai deludere le aspettative che gli altri hanno di noi e dargli così modo di pensare che non siamo sufficientemente bravi, buoni accondiscendenti, e chi più ne ha più ne metta! Smettiamola una buona volta e cerchiamo invece di capire chi siamo e cosa vogliamo veramente!
Incominciamo a mostrare i veri noi stessi senza preoccuparci di fare del mal agli altri.
Con questo non intendo dire che dobbiamo trasformarci da monaco tibetano a rambo, soltanto di ascoltare di più quella voce interiore che non sbaglia mai!
Impara ad essere quel che sei e impara a rinunciare con dignità a ciò che non sei diceva Henri Frédéric Amiel.
Imparare a rispettare la nostra vera identità ci farà rispettare anche dalle persone che ci circondano che sapranno esattamente come comportarsi con noi perchè lanceremo dei segnali chiari e non ambigui, non creando così delle false aspettative che, non appartenendoci, alla lunga ci schiacceranno e ci creeranno altri malesseri.

Ci vuole molto coraggio per crescere ed essere chi siamo veramente 

2.12.2013

AFFRONTARE I RIMPIANTI



Affrontare i rimpianti non è una cosa così semplice come si crede.
C'è una bella differenza nel dire: “ a se potessi tornare indietro...” e tornare indietro veramente.
Ora noi tutti sappiamo che non possiamo tornare indietro, nessuno ha ancora inventato un modo per far sì che questo avvenga almeno fisicamente, ma c'è un modo che tutti noi possiamo usare ed è quello di tornare indietro con la nostra mente e rivivere quel momento del passato in cui siamo rimasti bloccati e che oggi viviamo come un rimpianto.
Andare indietro con la mente e rivivere il passato non è affatto una cosa semplice, anzi è quello che ci spaventa di più, è difficile rivivere quei momenti che ci hanno portato sentimenti di delusione, patimento, disagio. Abbiamo paura di rivivere tutto quanto e di non saperlo affrontare di nuovo,abbiamo paura, nonostante tutta la conoscenza che abbiamo, di rimanere nuovamente bloccati e di comportarci allo stesso modo o di innescare sentimenti che crediamo non ci appartengono o che ci spaventano perché sentiamo di non riuscire a gestirli o a governarli avendoli tenuti per tanto tempo nascosti.
La nostra mente a questo punto crea una barriera fatta di spiegazioni che acquietano la nostra angoscia, e fanno in modo che tutto resti esattamente così com'è perché è più facile affrontare quello che già si consce così come ce lo siamo costruiti, piuttosto che rimettere tutto in discussione.
Anche quando crediamo di essere riusciti a raggiungere un compromesso che ci permettere di andare avanti in realtà siamo bloccati.
Perché?
Perché non riusciamo a lasciarci andare, perché non riusciamo a smettere di selezionare gli spetti della nostra vita?
La risposta giusta è perché noi abbiamo paura, abbiamo paura di quello che viene dopo, abbiamo voglia di cambiare certo, ma abbiamo paura dei rischi, ed è questa paura che ci trattiene, e che ci fa stare male, ma è da questa che dobbiamo liberarci! E non è tanto riuscire o non riuscire a farlo quanto piuttosto accettare un rischio; è come fare un balzo nel vuoto senza a vere la minima garanzia.
Alla fine tocca a noi scegliere dobbiamo decidere come diventare, possiamo vivere intrappolati nelle nostre paure oppure lanciarci nel vuoto e vedere cosa succede.

Qualcuno disse “Inseguendo il passato lei inciampò nel futuro”

2.11.2013

RIMPIANTI



Cosa saremmo noi senza i nostri rimpianti.
Chi di noi non ne ha!
Quante volte ci siamo soffermati a pensare alla nostra vita e ci siamo detti: “A se solo non avessi fatto questa scelta sicuramente adesso farei altro, sarei un altro....”
Se solo potessi tornare indietro quante cose non rifarei!”
Ma sarebbe stato davvero così?
Se potessimo tornare indietro, consapevoli di ciò che sappiamo, siamo sicuri che faremmo scelte diverse restando ancora noi stessi?
Siamo davvero sicuri di poter fare scelte diverse e a nostro vantaggio?
Quali sono state le cause che ci hanno portato ad agire così nel passato, e che oggi invece non ci bloccherebbero?
Si sa i rimpianti appartengono al passato e risiedono,sopratutto, nel periodo infantile ed adolescenziale, gli anni in cui ci sentiamo più forti,più invincibili, dove a muoverci sono solo i più alti valori e i più alti ideali e tutte le nostre scelte si muovono in base a questi ideali, ma cosa ci fa credere che il cinismo della nostra vita adulta, la disillusione degli ideali adolescenziali, ci porti a fare scelte diverse rispetto ad allora.
Chi ci garantisce che una volta cambiato il nostro destino questo non trovi altre strade per riportarci esattamente dove siamo ora, perchè magari è questa la nostra vita ed è questo ciò che siamo.
Andare indietro nel passato, riesaminare le nostre scelte,o i nostri rimpianti che dir si voglia, dovrebbe in realtà aiutarci a capire chi davvero siamo e renderci più forti e meno spaventati di fronte alla vera immagine di noi stessi.
Comunque vada sono le scelte che facciamo che determinano ciò che siamo, perciò esaminiamo pure i nostri rimpianti ma solo per renderli nostri alleati nell'affrontare la sfida più grande della nostra vita e cioè: il presente!

2.10.2013

MI PRESENTO




Avete presente quella giovane donna in carriera, che sorride al mondo perché ha realizzato sogni, indossando uno splendido paio di Armani?!
Bene, quella non sono io!
Ho 35 anni e sono disoccupata!
Ebbene sì, dopo 7 anni regalati ad una multinazionale americana, sono stata licenziata perchè troppo qualificata per quel tipo di lavoro.
E pensare che quando qualche mese prima arrivò il messaggio del presidente, io avevo anche detto ai miei colleghi “ma figurati io sono intoccabile sono in una di quelle posizioni che non nuocciono a nessuno”.
Sapete una di quegli invisibili, che poi alla fine sono tutto fare!
Non è stato così!
Un anno dopo mi hanno chiamato e detto la famosa frase “Tesoro tu sei troppo qualificata per questo posto, sei una psicologa non possiamo approfittare di te così! Realizza i tuoi sogni, perché sappiamo che tu hai le qualità giuste per riuscirci!”
Ebbene, dopo 7 mesi dal fatidico licenziamento, mi trovo senza un lavoro retribuito e con una specie di clausola che mi lega ad un’agenzia interinale, che  non sto qui a spiegarvi perché troppo complessa, e un “lavoro” come volontaria Psicologa in un noto ospedale della capitale.
Come diceva qualcuno, quando si chiude una porta si apre un portone, da tutto questo trambusto finalmente mi sono potuta avvicinare alla mia più grande passione, il mio lavoro, e grazie a questo ho potuto fare tantissima esperienza.
Perciò eccomi qui a riflettere con voi su ciò che questa pazza vita ci offre tutti i giorni e se volete anche ad analizzare insieme gli aspetti che più ci e vi strapazzano tutti i gironi.
Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità (A.E.)
Iniziamo :)